I campanili in Italia sono duri a morire e la guerra della mozzarella ne è un esempio: il Ministero delle Politiche agricole ha riconosciuto l’estate scorsa il disciplinare della mozzarella di Gioia del Colle inviando la richiesta formale alla commissione europea per il suo riconoscimento della Dop, Denominazione di Origine Protetta, che il Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana Dop ha deciso di passare alle carte bollate portando la questione in tribunale.
Mozzarella di bufala contro mozzarella di vaccino, Campania contro Puglia
La mozzarella di Gioia del Colle e degli altri comuni delle Murge, in Puglia, a differenza di quella di bufala prodotta nel casertano, è fatta con latte vaccino, ed è quindi incomprensibile lo scontro di campanile per due prodotti della nostra filiera latte entrambi apprezzati in Italia e nel Mondo.
Il Consorzio di Tutela della mozzarella di Bufala Campana Dop, attraverso il suo presidente Domenico Raimondo, ha annunciato anche un ricorso al Tar contro la decisione ministeriale.
Dal consorzio giudicano comunque positivamente il fatto che nella nuova versione del disciplinare della Dop di Gioia del Colle si obbligano i produttori a scrivere sull’etichetta che il prodotto è ottenuto da latte vaccino.
Guerra della mozzarella, chi ci rimette?
Una guerra di campanile tra produttori del cosiddetto “oro bianco” del nostro Sud non potrà che essere deleterio per entrambe le parti in causa, ma soprattutto per il Made in Italy agro-alimentare ed enogastronomico.
La decisione stessa di ricorrere al Tar da parte del Consorzio campano lascia molto perplessi; come se il Parmigiano-Reggiano volesse fare la guerra al Grana Padano, o il Prosciutto di San Daniele si scagliasse contro quello di Norcia, esempi tra mille possibili; si rischia il ridicolo ed una figuraccia planetaria.
La differenza tra la mozzarella di bufala campana, un comparto in forte ascesa da anni, che genera un fatturato di quasi 600 milioni di euro con i suoi 15mila addetti, e quella pugliese di Gioia del Colle è infatti sancita sia per il criterio della territorialità, sia per la differente materia prima usata, ovvero latte vaccino in quest’ultima anziché di bufala, citazione che dovrà essere fedelmente riportata sulle etichette del prodotto.
Guerra della mozzarella, una competizione insensata e assurda
La competizione, quella sana, basata sulla qualità del prodotto, sulla trasparenza dell’etichetta, dev’essere il metro di giudizio per andare sui mercati di tutto il mondo e conquistarne i consumatori.
Il buon senso deve prevalere, sempre, per questo sarebbe meglio lasciar perdere l’inutile e incomprensibile guerra della mozzarella, l’anacronistico provinciale campanilismo foriero di pretese egemoniche che può solo causare danni e concentrare invece gli sforzi di tutti nella lotta alla contraffazione del Made in Italy agro-alimentare che anche nell’ambito lattiero-caseario fa numeri da capogiro.