Presentati presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo i dati riguardanti l’andamento delle aziende del Food italiano degli ultimi 10 anni, dal 2012 al 2023.
Si può affermare che il food nazionale ha registrato una crescita rilevante: i ricavi sono passati da 53 miliardi nel 2012 a circa 90 miliardi nel 2023, con un incremento complessivo del 70%.
ANALISI 2012 – 2023: LA CRESCITA
Negli ultimi dieci anni, le aziende del food italiano hanno performato costantemente meglio delle medie imprese italiane (Dati MBRES) non solo in termini di redditività (ROI), ma anche per quanto riguarda la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento.
L’evoluzione dell’Export ha riportato dati annuali sempre positivi, con un massimo nel 2022 (+16,2), a parte l’anno 2020, per la pandemia. Nel 2023, le esportazioni del settore hanno raggiunto i 44 miliardi di euro.
La redditività del capitale investito (ROIC) è in media tra l’8% e il 9%.
La Produttività del Food supera quella delle medie imprese italiane.
La crescita delle dimensioni medie delle aziende ha prodotto un +46%, mentre la presenza di collaboratori si è incrementata del 24%.
“Il settore continua a crescere – spiega il professor Garzia, docente di Management presso l’UNISG – sia per la buona tenuta dei consumi interni sia per la forte dinamicità sul mercato internazionale. L’export di qualità è una forza propulsiva determinante del settore del food italiano”.
Insomma, una situazione estremamente positiva quella evidenziata dal Food Industry Monitor, che fa guardare al futuro con ottimismo.
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CAMPIONE E ANALISI
Sono state analizzate le performance di un campione di circa 840 aziende, con un fatturato aggregato di circa 90 miliardi di Euro, attive in 15 comparti del settore food. L’osservatorio si è focalizzato sulle seguenti dimensioni: crescita, export, redditività, produttività e struttura finanziaria. Per ogni comparto sono state elaborate le previsioni di crescita del fatturato e dell’export e sull’andamento della redditività relative al biennio 2024-2025.
Le aziende italiane, note per il loro posizionamento di leadership di qualità in molti segmenti di mercato, sono ancora relativamente piccole, con un fatturato medio di circa 97 milioni di euro e 178 collaboratori. Il food italiano resta caratterizzato dalla prevalenza di PMI a controllo familiare, che, se da un lato ha garantito un’offerta di qualità bilanciando tradizione e innovazione, dall’altro rappresenta un limite oggettivo nel confronto internazionale.
Le aziende del campione Food Industry Monitor hanno realizzato, a partire dal 2009, 72 acquisizioni di cui ben 26 verso target internazionali, per un controvalore complessivo di 5,4 miliardi di euro. Le acquisizioni sono uno strumento efficace di crescita profittevole, infatti, le aziende che hanno effettuato acquisizioni hanno registrato, dopo tre anni dalla conclusione dell’operazione, un aumento del fatturato di poco inferiore al 90% e un miglioramento dell’EBIT margin (il reale risultato del business dell’azienda n.d.r.) del 6%.
Questo il commento di Gabriele Corte, Direttore Generale, Ceresio Investors: “Occorre sottolineare l’assoluta eccellenza del settore che, in 10 anni ha saputo superare diverse crisi congiunturali, una pandemia, tensioni geopolitiche e processi di deglobalizzazione, continuando a crescere sopra la media nazionale, incrementando le esportazioni e generando continuo interesse in operazioni di fusione e acquisizione”.
PREVISIONI 2024-2025
La crescita del settore proseguirà nel biennio 2024-2025 con tassi superiori al PIL. In particolare, per il 2024 si prevede una crescita del +4,8%, mentre per il 2025 la crescita sarà del 5,2%. Anche l’export continuerà a crescere; si stima, infatti, che nel 2024 la crescita delle vendite all’estero sarà del 8,1% e nel 2025 del 7,3%.
Nel 2024 cresceranno a tassi superiori alla media di mercato settori tipici del Made in Italy come caffè, olio, distillati e vino, soprattutto per via dei buoni risultati sul mercato internazionale. Valori di crescita di poco inferiori per altri settori come pasta, latte e derivati, e dolci, che risentiranno delle tensioni generate dal sistema della distribuzione e della contrazione dei consumi in alcuni segmenti del mercato italiano.
“È arrivato il momento per le aziende italiane del food di consolidare gli eccellenti risultati del periodo post Covid. La crescita dimensionale è una priorità che deve essere perseguita anche attraverso acquisizioni e fusioni che andrebbero non solo a vantaggio della singola azienda, ma anche delle filiere produttive”. Ha evidenziato Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors.
La tavola rotonda del convegno ha visto tra i relatori una rappresentanza dei maggiori operatori del settore Food&Beverage italiano, ed è stata moderata da Sebastiano Barisoni, vicedirettore esecutivo di Radio 24 Il Sole 24 Ore.
LA CONCLUSIONE DI CARLO PETRINI
La conclusione è affidata a Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e Presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche. Petrini ha ribaltato alcuni concetti espressi nel corso della presentazione, criticando alcune scelte che sono state operate fin qui dall’industria e dalla politica. Sappiamo bene che Carlin è un anti-sistema, che lotta “contro” atteggiamenti o prassi che non proteggano le fasce più deboli o con meno voce in capitolo: “Oggi siamo entrati in una fase in cui rispetto alle performance e alla competitività la società civile e produttiva ha bisogno di cooperazione, di coesione e di dialogo fra le parti. Oggi con questo modo di procedere abbiamo messo gli ambientalisti contro i contadini e questo non va bene. Se parliamo di grande distribuzione, voglio pensare a nuove forme di distribuzione. Quando si affermerà la GDO online per i prodotti agricoli, i contadini avranno il 20% in meno di utili, che vanno a beneficio dei detentori delle piattaforme digitali!. Si arricchiranno in pochi e si impoveriranno in tanti”.
“Dobbiamo creare le condizioni – ribadisce Carlin Petrini – affinché una nuova forma di distribuzione incrementi i redditi dei contadini locali. E poi un altro punto fermo per il futuro del food è ‘vivere e apprezzare e valorizzare la biodiversità’. Siamo arrivati al momento in cui oltre a quei grafici che sono stati proiettati si inseriscano altri elementi; non sono più i tempi in cui il benessere di un Paese, di una comunità si possa misurare solo con la produttività: ci deve essere il grado di educazione, un certo livello di equità. Se aumenta il numero dei poveri, portando avanti questo sistema, cosa mi suggerisce quel PIL? Stiamo entrando in un momento difficile: la grande intuizione deve essere l’interpretazione della complessità e fare fronte comune. Mettiamo da parte la competitività, esaltiamo la coesione e la cooperazione”.