Quello del vitigno di uva Spergola è un caso emblematico; il nostro Paese è quello che, rispetto al resto del mondo, ha la massima concentrazione di biodiversità naturali. Ciò vale sia per le bellezze artistiche sia per quelle naturali che per i prodotti della terra, tra i quali anche e soprattutto le tante tipologie di frutta e di vitigni e uve.
Nel corso dei secoli, molte di queste tipologie sono andate perdute per tanti motivi, o sono cadute nel dimenticatoio, soprattutto in questi ultimi decenni, dove la “modernità” o meglio, le “comodità” della vita moderna hanno preso il sopravvento sulle tradizioni di una volta.
Con la scomparsa della civiltà contadina sostituita da quella industriale e post-industriale, si sono perse le tracce di centinaia di specie vegetali, spesso relegate in pochi e pressoché sconosciuti scrigni museali, come il Giardino dei Frutti Dimenticati voluto da Tonino Guerra a Santarcangelo di Romagna e pochi altri in giro per il Belpaese.
Il ruolo fondamentale di Slow Food
Ogni tanto però qualche notizia confortante torna in superficie confortando un po’ quanti hanno a cuore memoria e tradizioni ed in questo il ruolo di Slow Food e del suo mentore Carlo Petrini è encomiabile e straordinario.
Ciò vale anche per chi in questi ultimi anni ha provato a ritrovare alcune specie vegetali credute scomparse, ma che invece erano solamente “in sonno”, dimenticate in qualche prato o giardino.
È per esempio il caso di una tipologia di ulivo ritrovata a Castrocaro Terme, chiamato Cortigiana, creduta scomparsa da secoli ma che è tornata ad essere impiantata e sta dando i suoi frutti; così come il vino Burson di Bagnacavallo il vino Famoso delle colline romagnole, la pera cocomerina dell’appennino tra Romagna e Toscana, solo per fare qualche esempio.
Ritrovato il Dna dell’uva Spergola
Un altro vino è stato ora riscoperto, o meglio, un altro vitigno scomparso, che ora, grazie ad una ricerca ampelografica e ad analisi genetiche fatte dall’Università di Bologna è stato isolato e definito con assoluta certezza; l’ampelografia è la disciplina che studia, identifica e classifica le varietà dei vitigni, attraverso schede che descrivono le caratteristiche dei vari organi della pianta nel corso delle diverse fasi di crescita.
Presentata a fine novembre in Senato dalla senatrice Leana Pignedoli, relatrice del ddl sulla biodiversità, dall’Enologo Alberto Grasselli, da Denis Pantini presidente dell’Osservatorio agroalimentare e da Andrea Olivero, vice ministro delle politiche agricole, la ricerca, guidata dalla professoressa Daniela Fontana dell’Università di Bologna ha ritrovato infatti il vitigno medioevale dell’uva Spergola, conosciuta anche come l’uva di Matilde di Canossa, isolandone il Dna senza alcun dubbio.
Le ricerche sono cominciate nel 2004 dietro sollecitazione del Comune di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, che assieme alle quattro cantine sociali locali, decise di promuovere uno studio biologico e genetico di un’uva bianca locale per isolarne il gene; ricerca che è terminata confermando l’etimologia del vitigno. Quello ritrovato è il vitigno dell’uva Spergola, così chiamata perché si presenta con un grappolo spargolo, diradato, con chicchi radi e in vigne superiori a vent’anni, che ha la caratteristica di sopportare ottimamente la siccità.
La vite Spergola ha bisogno di terreni ricchi di struttura, minerali, di gesso, poveri d’acqua ma ricchi di sostanze, caratteristica delle terre della collina reggiana con le sue falde di gesso, di limo, come quelli dei calanchi nei pressi della rocca di Canossa.
Uva Spergola, non è Sauvignon
Fino ad oggi si pensava che questa particolare qualità rientrasse nel Sauvignon, ma le ricerche fatte hanno messo fine a questo equivoco ed ora se ne ripristinerà l’esatta genealogia, promuovendone il reimpianto e, tra qualche anno, la produzione di vino autoctono.
Matilde di Canossa ne sarà contenta: probabilmente fu proprio con calici di questo vino fresco e frizzante che riuscì a far suggellare l’effimera ma importante pace tra l’imperatore scomunicato Enrico IV e Papa Gregorio VII nel lontano anno 1077 nella sua rocca di Canossa.