Le Frisse, che in alcune province piemontesi vengono chiamate anche Grive, dal nome del tordo della Langa, che si nutre di bacche di ginepro e ne assorbe il sapore nelle carni, sono palline di carne di maiale fritte che fanno parte del più classico fritto misto piemontese.
L’impasto è costituito da carne di maiale di diversi tagli, come coscia, carne intercostale, polmone, fegato e cuore e grasso della gola, che vengono impastati con uova, pasta di salsiccia, pepe, noce moscata, bacche di ginepro e parmigiano grattugiato.
Grandi come una noce e un peso che oscilla tra i 50 ed i 100 grammi, le Frisse vengono quindi avvolte nella rete di maiale e fritte, un tempo con lo strutto o il burro ed oggi con l’olio.
Si tratta di un prodotto dalle origini remote, un salume povero utilizzato per valorizzare i sottoprodotti della macellazione del suino; un tipico prodotto della cucina delle Langhe del ‘600, epoca di diffusa, pesante povertà nelle nostre campagne; come è evidente, è ancora una pietanza di recupero, sostitutiva di quella originale riservata, forse, ai signori, quasi un gioco della “griva” finta contro la “griva” vera, colorito più di ironia che di gelosia.
Le Frisse sono consumate fresche, fritte in padella, da sole o come componenti del fritto misto alla piemontese.
Sono prodotte tradizionalmente a livello artigianale e non industriale, a volte solo nelle case delle campagne e delle colline, dove d’inverno viene scarnato il nobile suino, anche a causa del loro sapore particolarmente accentuato, ed utilizzate per autoconsumo o nei ristoranti.