Quando si parla della cucina regionale cinese di Yangzhou, specularmente legata a quella di Huai’an e più in generale alla provincia del Jangsu (infatti viene definita anche cucina del Jangsu o Sucaio), è importante ricordare che l’Unesco ha riconosciuto in Cina sedici Creative cities, quattro delle quali si trovano in questa provincia e proprio per le città di Yangzhou e Huai’an la motivazione trova le sue radici nelle peculiarità gastronomiche. D’acchito sembrerebbe un’anomalia di giudizio dal momento che per le altre sette cucine regionali cinesi (cantonese, di Anhui, Fujian, Hunan, Shangdong, Sichuan e Zheijiang) solo due sono le città che hanno ottenuto il riconoscimento gastronomico, Shunde e Macao, entrambe nel Guangdong, nel sud della Cina.
Lo scopriremo, ma prima dobbiamo partire dalla denominazione culinaria di questa cucina regionale, la Huayang cuisine, un nome che deriva foneticamente dalla crasi dei nomi delle città di Huai’an e Yangzhou, sviluppatesi (come la maggior parte delle città ricche di storia e tradizioni) tra il comprensorio dei fiumi Yancai e Huai ed entrambe sulla direttrice del Grand Canal, l’opera fluviale più importante della Cina che ha collegato per secoli le province del nord con quelle meridionali. In particolare Huai’an, l’antica Huaihe, era rinomata per essere una delle quattro grandi città del Gran Canal. Le altre due città riconosciute dall’Unesco nella stessa provincia sono Nanchino e Suzhou e le rispettive motivazioni concernono la letteratura per l’una e la cultura popolare (l’opera di Kunqu, variante autoctona dell’opera di Pechino) e l’artigianato locale per l’altra.
Caratteristiche e piatti della cucina Huayang
Una delle caratteristiche più evidenti della cucina Huayang è di essere poco salata – nonostante Yangzhou nel passato fosse uno dei luoghi di produzione di sale da cui veniva trasportato verso le regioni cinesi settentrionali – con una punta dolce e speziata che la rende gradevole per il palato. Se l’uso di prodotti ittici, di germogli di soia e di bambù donano una levità sinonimo di digeribilità, la composizione dei piatti (quella che oggi chiameremmo impiattamento) ha una voce in capitolo importante soprattutto nelle tecniche di intaglio della frutta che ne fanno delle graziose opere d’arte. Un’altra peculiarità è quella di aver risentito dello spirito confuciano: la provincia del Jangsu confina infatti con quella dello Shangdong (anch’essa con una propria cucina regionale identitaria denominata Lu), la patria di Confucio. Nato nella città di Qifu, come testimonia ancora oggi il tempio e la sua tomba, questo grande maître à penser e filosofo, ha influenzato insieme alla dottrina del taoismo, dapprima la Cina e poi l’Asia intera.
Il riso alla cantonese, le zuppe e il Mandarin fish nella cucina Huayang
Nella cucina la varietà di piatti è molteplice, ma visto questo particolare periodo dell’anno, un primo accenno va alla cultura del granchio: il tipico Hairy crab del Yangchen Lake che si trova nel perimetro territoriale di Suzhou. “Quando spira il vento d’autunno le chele del granchio pizzicano” si suol dire: le femmine del granchio vengono consumate nel nono mese del calendario lunare mentre i maschi nel decimo mese dello stesso calendario quando le rispettive uova hanno il più alto potere nutritivo. Questo prelibato crostaceo si serve cotto al vapore, accompagnato da una salsa di ginger e aceto cinese, oppure se ne utilizza la polpa in piatti come gli spaghettini di riso e verdure passati nel wok o nelle polpette di carne di maiale, piatto robusto non glutinoso, denominato Polpette con la testa di leone – simbolo del custode delle abitazioni – per via della conformazione simile ad una criniera una volta cotte.
Riprendendo le fila della cucina Sucai, uno dei piatti più conosciuti è il riso fritto alla Yangzhou che in Italia e all’estero ha preso il nome di Riso alla cantonese per ragioni commerciali, essendo tale cucina la più riconosciuta al mondo. Gli ingredienti per il piatto completo ed elaborato sono vari: riso bollito molto asciutto, gamberetti, piselli, uova, carote, germogli di bambù, prosciutto salato di Jinhua, vino cinese. Il tutto saltato nel wok per pochi minuti con il risultato di acquistare un sapore aromatico.
Le zuppe fanno da contrappunto a questa cucina e una delle più interessanti è quella denominata di Pinqiao, città dove è nata durante la dinastia Qing. La particolarità di questa zuppa la cui base è costituita da soffice tofu salato, funghi shiitake, prosciutto salato e carne di manzo è che tutti gli ingredienti devono essere tagliati in sottili strisce geometriche dello stesso spessore. Come per le composizioni di frutta, la caratteristica tecnica del taglio al coltello è diventata nei secoli così preminente da impiegarla nei banchetti ufficialeidi Stato al fine di mostrarne la forma come espressione di sostanza, come voleva la tradizione religiosa confuciana.
Il Mandarin fish
Un altro piatto di cui altre cucine (come quella di Shanghai) hanno subito l’influenza è il Mandarin fish in dolceagro, impiattato come uno scoiattolo con una superficie croccante dal sapore dolciastro e agro al tempo stesso e dalla polpa tenerissima.
La storia del Jangsu ci porta a incontrare la figura di Marco Polo, che visse per tre anni a Yangzhou per incarico del Gran Khan, di cui scrisse nel Milione. Un italiano – come pure dopo di lui Matteo Ricci – che ricevette grandi riconoscimenti in Cina, segno tangibile della secolare contaminazione culturale tra Italia e Cina. E proprio in questo percorso alla scoperta delle cucine regionali, il dialogo tra Kublai Kan e Marco Polo immaginato da Italo Calvino nelle Le città invisibili, ci illumina sul valore della tradizione gastronomica: “Viaggi per rivivere il tuo passato?- era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata così:- Viaggi per ritrovare il tuo futuro? Questo è forse il segreto della Huayang cuisine.
a cura di Marco Leporati by Gambero Rosso