Nel cuore del Parco nazionale del Pollino, in Basilicata, circondato da boschi di castagno, di faggio, di abete bianco e di pascoli, c’è il piccolo borgo medioevale di Carbone.
Il paese, appena settecento abitanti, è sorto nel IX secolo attorno all’antico monastero greco-basiliano di sant’Elia col nome di Montedoro, in quanto il territorio circostante, particolarmente fertile, forniva abbondanti raccolti.
Mutuò il suo nome da quello dell’abate dell’abbazia, San Luca Carbone, che ne terminò la costruzione quando fu santificato.
Le vicende storiche di questo Monastero e di riflesso dell’abitato di Carbone sono contenute in tantissimi documenti sparsi per le biblioteche italiane ed europee.
Durante il periodo della dominazione normanna il monastero venne ingrandito, accrescendo anche la sua potenza economica e diventando il più importante dell’intero territorio lucano e della Calabria settentrionale.
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l periodo medioevale di Carbone trascorre come per gli altri centri meridionali, tra passaggi di proprietà da una signoria all’altra; la vita della povera gente è fatta di pastorizia, lavoro nei campi e nei boschi, terremoti, pestilenze e devozione.
I secoli hanno lasciato al paese alcune residenze nobiliari, come i Palazzi Castello, De Nigris e Castronuovo; la cinquecentesca chiesa madre, contenente alcune pregevoli opere dell’epoca ed oggetti recuperati dal monastero ormai distrutto; la cappella affrescata dell’ex convento di San Francesco.
Nei dintorni del piccolo borgo c’è un inestimabile patrimonio naturale ed ambientale fatto di boschi di castagni, abeti, faggi, querce; il bosco di Vaccarizzo, all’interno del Parco, ne è un bell’esempio; il suo interesse botanico e scientifico si è venuto ad aggiungere a quello turistico e naturalistico portando lavoro e risorse.
Il territorio è inoltre molto ricco di acqua, con numerose sorgenti, alcune delle quali di significativa portata; in paese vi sono diverse fontane, alcune di antica derivazione e usate dalle massaie, fino a non molti anni fa, per fare il bucato.
Sui fertili terreni coltivati a Carbone e nell’area del Pollino viene coltivata la varietà di grano tenero Carosella, un tipo di grano tenero già conosciuto dai romani e sopravvissuto alle manipolazioni genetiche successive, la cui farina si presta molto bene alla preparazione del pane e della pasta, come i fusilli e i cavatelli, che tiene bene la cottura.
Questa coltivazione, dimenticata dalla “modernità” e soppiantata da altri tipi di grano che presentavano caratteristiche adatte alla trebbiatura meccanica e alle altre macchine agricole, è stata riscoperta anche in quest’area del sud e ne è stata chiesta la Dop.