La salsa di pomodoro: il fordismo è semplice da realizzare.
Anche Sara Morucci, ricercatrice nei settori di idrologia, meteorologia marina ha deciso di partecipare a Deguscrivendo, progetto nato per narrare le sensazioni e i ricordi indotti dagli odori e dai sapori dei prodotti della nostra ricchissima enogastronomia.
E con questo breve racconto, ci ha donato garbo, introspezione e ricordi delicati e inalienabili…
Prendi una famiglia, riuniscila per un rito, assegna compiti e ruoli e la ricetta è pronta.
Ecco la catena di montaggio, fatta in casa. Questo è.
E questo eravamo noi, tutti presenti, tre generazioni riunite, per quell’evento straordinario, atteso, e desiderato che segnava l’inizio della nuova estate, delle vacanze. La salsa di pomodoro.
Tutto viveva nel giardino, immenso, di nonna Rosina, e orchestrato e diretto dalla perfezione di mio padre. Papà trita, mamma imbottiglia, assieme ai nonni, Massi (il fratello, lui è grande) alla tappatrice e io?
Sara tu metti la foglia di basilico. Ben lontana dall’angolo degli adulti, e dagli spazi del desiderio, mi sentivo un po’ come la bandierina di un campo di calcio, senza vento, ma comunque il pezzo di un mondo che creava, di un rito che viveva, di un evento che rinnovava.
E tutto questo è scolpito nel cervello, quello più antico, dove le emozioni si depositano e le sensazioni le accompagnano.
I momenti della risata che seguiva qualche errore, della stanchezza appagata alla sera, del caldo che esalta i profumi, del rito che diventa evento, e soprattutto tanti tanti tanti pomodori. Che sporcano di rosso intenso, che succhiano il sale.
L’odore indimenticabile della freschezza, pungente, del pomodoro spremuto.
La sensazione di bruciore alle mani per l’umido, acidulo.
Il sapore rubato col dito, immerso nella salsa, ancora cruda.
E tutto, condito dalla certezza che avremmo custodito, sempre, il ricordo nel pensiero.
Il sapore, nella pastasciutta.