Dopo aver percorso la Val Germanasca e la Val Chisone, prosegue l’itinerario del gusto tra le Valli alpine torinesi e la Valle della Maurienne, in Francia, promosso da Turismo Torino e Provincia
Val Chisone, Val Susa, Maurienne
Attraversata ieri la Val Germanasca e la Val Chisone, dopo una promettente colazione di montagna alla Locanda Allevé, ci soffermiamo ancora un’oretta in Val Chisone: una degustazione di miele, infatti, ci fa scoprire che proprio qui a Pragelato il Millefiori di alta montagna era già rinomato nel 1800, per l’elevata qualità.
Non perdiamo l’occasione per assaggiarlo. Ci aspettano Alberto e Mario Friquet, del Consorzio Apicoltori di Pragelato e Produttori del Parco naturale Val Troncea. È un miele di alta montagna, raccolto nei prati e pascoli alpini nei mesi di giugno e luglio. Consumarlo sul pane di montagna, sopra un sottile strato di burro d’alpeggio, come nella tradizione montanara, è una vera delizia per il palato.
Un’attività, quella dell’apicoltore, che attraversa un periodo critico, che ha subito forti perdite nella produzione a causa del cambiamento climatico. Occorre consumare miele italiano per sostenere il comparto: significa dare un aiuto a tutta l’agricoltura per l’importanza del ruolo che svolgono le api per l’ecosistema e a garanzia delle produzioni.
Il tempo vola, dialogare con la gente di montagna è un vero piacere… scopri, apprendi, immagini, crei, mediti, ipotizzi un cambiamento della propria esistenza. Vivere la montagna ti aiuta a studiarla, a comprenderla, a difenderla, perché è fragile.
“Salire in montagna”, come recita il titolo dell’ultimo libro di Luca Mercalli, ridà spazio alla contemplazione di ciò che resta della natura. Il nostro viaggio continua e la tappa del mezzogiorno ci conduce a Oulx, in Alta Val Susa, oggi più movimentato del solito in virtù del variopinto mercato cittadino.
Una sosta fotografica in Piazza Mistral, un tempo conosciuta come Piazza del forno (vi si cuoceva il pane per la comunità), all’antica fontana di pietra delfinale che fungeva da abbeveratoio per il bestiame, mentre il lavatoio coperto, alimentato da una propria sorgente, veniva utilizzato per i fabbisogni domestici: un angolo di suggestione.
Ci inoltriamo nel caratteristico centro storico e sostiamo alla Barrica, per il pranzo del mezzogiorno. È un’Enoteca con cucina, con volte di mattoni a vista e una cantina, anticamente forno per il pane. Abbiniamo a un menu di prodotti tipici l’Azazel, blend di Avanà, Barbera e Dolcetto, da viticoltura eroica, della Cantina La Chimera di Chiomonte.
Piatti equilibrati e saporiti: assaggio le “Ghinefle dell’Escarton”, tipica preparazione delle valli occitane: gnocchi di patate con verza, bietole, carote, porro o cipolla e toma piemontese, mollica di pane ammorbidita nel latte. Da provare.
I cinque sensi della cucina di montagna si scatenano ancora nel pomeriggio, quando Silvia Merlo ci accoglie nella sua La Table Dlouz Amis, dal 2014 a Beaulard. Una forza della natura, un entusiasmo straordinario, una creatività spaventosa, una sperimentatrice ai fornelli, il coraggio di fare e di mettersi in gioco. Antichi mais, Saras del Fen, Toma del lait brusc, antiche Mele piemontesi, Patata di montagna, Nocciola Piemonte sono alcuni dei prodotti che tende a valorizzare. Mostra antichi attrezzi di cucina, ci mette alla prova sulle conoscenze di prodotti tipici; qui entri in un mondo antico, ci si sente proprio a casa di amici.
Ci fa assaggiare golosità e delizie tra cui la “fioca” o “boules de neige” (“palle di neve”: sembra francese, ma è patouà): dolce della domenica o della festa, fatto da ingredienti semplici, a disposizione delle famiglie valligiane, come il latte, le uova e una scorza di limone.
Starei delle ore dentro questa favola, ma dobbiamo passare dall’altra parte delle Alpi e, stasera, salire sù a 2350 metri per assaggiare una cucina schietta d’alta quota e guardare le stelle da vicino. Le stelle sono quelle che stanno a guardare il Refuge L’Auberge de Bellecombe, un’ex malga alpina, a ridosso delle Alpi del Moncenisio, nel cuore del Parco Nazionale della Vanoise, sulle alture del piccolo villaggio di Termignon.
Una nuova generazione gestisce lo chalet familiare, che dagli anni ’50 Nonna Marie aveva portato avanti, pur continuando l’attività pastorale di produzione del formaggio, principale fonte di reddito. Qui si cucina su fuoco di legna!
All’interno del rifugio: travoni di legno e profumo di cucina, un bancone vissuto e sopra le teste campanacci di tutti i tipi. Ci accoglie un tavolone invitante dove verranno servite le portate di montagna. Elodie, appassionata di astrofisica, guiderà gli avventori del rifugio, che stanno già consumando una cena savoiarda, all’osservazione delle stelle e sta presentando una mappa celeste: stasera serata dedicata a “Les étoiles des cȋmes”.
Charlène e Célia, nipoti di nonna Marie, ci accolgono con tanto di sorriso, chiacchierano di montagna, raccontano la storia di famiglia e spiegano il menu che assaggeremo.
Si parte con un bicchierino di liquore al lampone che fa ben sperare. L’atmosfera è molto conviviale, si intrecciano sorrisi con i commensali francesi. Si consuma un po’ di gustosa cucina di montagna. Quale sapore mi porto dietro dal rifugio? Sicuramente il gusto della Tartiflette savoiarda, tipico piatto dell’Alta Savoia. È una ricetta per una stagione più fredda, molto ricca di sapore, che mette insieme formaggio Reblochon, patate, pancetta, cipolle, panna da cucina. È stata servita accompagnata da un’insalata con chèvre e miele. Ho fatto il bis.
Fuori c’è una grande stellata, che appare e scompare, come in un gioco di bambini: è la nebbia che sale e scende, che gioca con le stelle e rende magico questo luogo vicino al Paradiso. Ma devo lasciarlo, si è fatto tardi, e la strada da qui a Termignon, la borgata di valle dove dormirò, non è affatto semplice, specie di notte. L’unica luce è il cielo stellato che ti guida il cammino e ti fa sentire protagonista di quest’universo silenzioso, nascosto e affascinante. Buonanotte, a domani. (Fine 2 giorno – continua)