Agostino Iacobucci è uno chef che ormai ci ha abituato a infinite sorprese: quando pensi che ormai la sua cucina si sia consolidata, che il suo modo di fare ristorazione abbia assunto una forma definitiva, lui puntualmente spariglia le carte ed estrae dal suo cilindro qualche nuovo spunto, un’idea geniale.
Iacobucci, lo chef che sorprende sempre
E non poteva non accadere nella nuova location di Villa Zarri, dove dal 2019 Agostino ha portato la sua cucina in continua evoluzione eppure sempre ancorata alle basi del classico, confermando puntualmente quella Stella Michelin che già lo aveva illustrato nelle sue precedenti avventure.
Un anno e mezzo di lockdown non gli ha tarpato le ali: au contraire gli ha dato la possibilità di riflettere, di aggiustare qualche piatto ormai divenuto suo cavallo di battaglia, di studiarne di nuovi, ma soprattutto di rendere ancora più nitidi i suoi sapori.
La cucina di Iacobucci? Ogni sapore al posto giusto
Perché in fondo la cucina di Agostino Iacobucci non è poi così complicata: il piatto può assumere la forma che più desidera lo chef, ma ogni ingrediente continua a sapere di quello di cui deve sapere, e i sapori, pur declinati in chiave contemporanea, restano quelli di casa, come un ritratto di famiglia dipinto da Picasso.
Quando il cliente esigente incontra lo chef con l’orto…
E simbolo di questa ripartenza che per la verità ritrova tutto più o meno com’era prima – nove tavoli all’interno c’erano e nove rimangono, più un grazioso dehors nato negli ultimi mesi – è l’orto, il fiore all’occhiello di Iacobucci situato ai limiti del parco della villa: se nel 2019 era appena embrionale, oggi è cresciuto, si è arricchito, ormai è in grado di rifornire in maniera autonoma la cucina di ortaggi ed erbe aromatiche e, perché no, di ospitare un aperitivo in mezzo al verde.
Iacobucci spiega l’aperitivo nell’orto
“L’idea dell’aperitivo nell’orto” spiega Iacobucci “nasce come un momento di relax sostenibile, a filiera corta, dove un mezzo elettrico accompagna il cliente attraverso il parco, viene raccolto un ortaggio di stagione ancora vivo e trasformato sul posto in uno stuzzichino per accompagnare l’aperitivo. In questi mesi di lockdown abbiamo avuto modo di lavorare sui particolari delle materie prime, sull’apparecchiatura che prevede un apposito sostegno per ogni piatto, abbiamo continuato sempre più a collaborare con i piccoli produttori, non solo per il vino ma anche per i latticini”.
Da materie prime eccellenti una cucina d’autore
Materie prime d’eccellenza che, unitamente alle tecniche di cottura e alla creatività dello chef, danno vita a piatti di incredibile consistenza, fatti di accostamenti e sensazioni a volte contrastanti a volte armonici, sempre comunque vincenti e stimolanti, proposti al tavolo da un servizio di altissima professionalità, in un menu nel quale si alternano grandi classici della cucina e idee di nuovo conio.
La batteria degli amuse bouche
Quindi, mentre sbocconcellate il pane fatto ogni giorno in casa da Agostino – taralli di vera sugna, grissini alle alghe, crackers ai semi di sesamo, grissini al Grana – accompagnato da un buon burro di Normandia mantecato al rosmarino e castagne, preparatevi alla spettacolare batteria degli amuse bouche dove convivono la parmigiana di melanzane sferificata, il wafer con paté di fegatini di pollo e gelatina di scalogno, la crocchetta di agnello in
crosta di pane Panko su erbe amare, il cono di pasta fillo farcito con tartare di pesce bianco, caprino, topinambur e liquirizia, l’ormai mitico rapanello marinato con maionese d’ostrica, il tacos croccante con crema di avocado, tartare di tonno e gelatina di yuzu, la chips di mais con tuorlo marinato, Castelmagno e tartufo estivo e il macaron di mortadella e pistacchio.
L’estasi dell’ostrica al Campari
Una sinfonia crescente di sapori contrappuntata dalla bollicina pungente del Crémant de Bourgogne Gran Cuvée di Veuve Ambal, che prelude all’emozione soverchiante dell’ostrica Gillardeau N°1 con la sua acqua di mare, gel al Campari e gelato di mango, questa volta non seguita bensì preceduta dalla foglia d’ostrica al naturale con gel al frutto della passione che riprende in maniera magistrale il salmastro del nobile mollusco bivalve.
Il misticismo del sedano rapa e della braciola
Dal summenzionato orto arriva poi la rara delizia di un sedano rapa cotto al sale con mandorle, uova di trota e olio alle erbe, piatto che non esiterei a definire mistico almeno tanto quanto la reinterpretazione “Made in Iacobucci” della braciola napoletana, con la carne rimpiazzata dalla ventresca di tonno affumicata con Tosazu, soia, panna acida e salicornia e immersa in una salsa di pomodoro e fondo di carne con pinoli e prezzemolo che meriterebbe il brevetto.
Le sensazioni Made in Iacobucci: la seppia
Sensazioni su sensazioni, ed ecco il turno del cappuccino di seppia scottata, con pappa al pomodoro, spuma di aglio dolce, polvere di lime, estratto di nero e gocce di olio profumato alla ‘nduja, un piatto che inizia dal dolce e termina sul sapido attraversando tutti e 360 gradi
dello spettro del gusto, per una carrellata di antipasti caldi cui fanno da eccellente supporto prima un Riesling alsaziano 2018 di Maurice Schoech di inopinata nitidezza e pulizia e poi uno Chardonnay valdostano 2019 di Les Crêtes che è albicocca allo stato puro.
Un intermezzo oltre ogni raziocinio
A questo punto l’emozione di parlare dell’intermezzo – infuso di topinambur, fondo di vitello, lampone e aceto di Tosazu – diventa davvero soverchiante: come descrivere un brodo che è un perfetto connubio fra la tradizione del brodo di casa della Pianura Padana, quello fatto con le ossa e di lunga cottura, e l’esperienza esotica di un brodo più leggero, ricco di spezie e profumi orientali? Sembrerà kafkiano, ma un “semplice” intermezzo come questo può rappresentare – e lo ha fatto – un valore aggiunto a un pasto già di per sé sontuoso.
Napoli incontra l’Emilia: il classico che non stanca mai
Mano sicura al momento del primo, un “Napoli incontra l’Emilia” ormai diventato un grande classico della cucina di Iacobucci, dove il tortello ripieno di ragù napoletano affronta la spuma di Parmigiano e il gel al basilico in un tourbillon di sapori che si concludono con l’eccezionale consistenza della sfoglia, ben sorretto da un rosso Coteaux Bourguignon del 2017 di Stéphane Magnien.
La poesia del San Pietro
Ruota creativa a mille invece al capitolo secondi, con un filetto di San Pietro – innaffiato da bianco veneto del 2018 – su salsa di pinoli e lattuga, verdure di stagione marinate, chips di alghe e di platano, talmente buono da dover scomodare ancora una volta l’iperuranio dei massimi sistemi.
Dessert per veri golosi
Creatività che, ovviamente, non si ferma nemmeno al
momento del dessert, tra le specialità di Iacobucci: prima il goloso gelato di zabaglione con una sospirosa meringa al cardamomo e un grintoso limone candito alla vaniglia, e poi il meraviglioso trittico della ciliegia – in panna cotta profumata alla vaniglia, marinata con la sua marmellata e in granita – cui la meringa conferisce voluttuosità, i fiori eduli un pizzico di spirito bucolico e il bleu di capra valdostano una scarica adrenalinica fenomenale.
Una piccola pasticceria da Olimpo
La piccola pasticceria – che piccola è solo di nome visto che include macaron al mango, cremino al gianduia, marshmallow al lampone e madeleine al frutto della passione – accompagna un ottimo caffè a chiusura di un pasto degno degli dei dell’Olimpo. “Non dobbiamo inventarci nulla” conclude lo chef Iacobucci “solo perfezionare ciò che abbiamo già iniziato facendo sempre qualcosa di più per i nostri clienti”.