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Abbigliamento, gioielli, arredo, libri e documenti personali, nonché materiale medico sanitario è l’allestimento dell’unica “Mostra – Museo delle Case di Tolleranza” esistente in Italia.
Aguzzate gli occhi, perché ciò che avete davanti a voi è la vera “fotografia” del periodo storico fra le due Guerre, quel periodo che ancora oggi è il tabù di molti.
Eppure la prostituzione c’è da che “mondo è mondo” e noi di Fuoriporta, che vi parliamo sempre di tradizioni, ne raccontiamo oggi, tra i percorsi dei borghi, proprio perché di tradizione si parla!
Qui ad essere in mostra è la società di inizio secolo: l’Italia degli anni Trenta e in particolar modo la storia delle famose Case chiuse o Case di tolleranza, i luoghi dove veniva esercitata la prostituzione. Dopo la legge Merlin, che ne ha sancito la chiusura, se ne sono perse le tracce.
Nel 2010, Davide Scarpa viene chiamato dai colleghi, impegnati nella demolizione di un edificio di Carsara, in provincia di Pordenone.
Lui è un appassionato di storia e loro hanno trovato un cumulo di stracci che paiono avere una certa età; Davide Scarpa lo acquista per mille euro dal proprietario e poi dedica anni al restauro.
Gli oggetti ritrovati sono ciò che rimane di un bordello dell’era fascista: probabilmente qualcuno li ha nascosti per salvarli dall’oblio; nasce così il tesoro esposto nel “Museo delle Case di Tolleranza”.
Attualmente il Museo è senza fissa dimora ma collegandovi alla pagina www.facebook.com/museo.case.di.tolleranza troverete molte informazioni sulla “mostra”, che tuttavia, stando ai tempi Covid-19 è più che attuale poterla ammirare dal salotto di casa via web.