In Val Borbera, nell’alessandrino, esiste, unico al mondo, un particolare formaggio, il Montébore, oggi presidio Slow Food, la cui storia è antica quanto affascinante, risalendo ai monaci dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Vendersi, sul Giarolo nei secoli a cavallo del primo millennio.
A fine ‘400 si ha notizia della sua presenza quale unico formaggio, al banchetto nuziale tra Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Sforza a Tortona; dopo l’ultima guerra, con l’abbandono delle vallate di montagna, anche la produzione del Montébore cessa e viene ripresa solo una decina d’anni fa, quando viene recuperata la ricetta della tecnica casearia originale dall’ultima depositaria di questa millenaria tradizione.
Montébore, presidio Slow Food
Oggi la locale Cooperativa Vallenostra è l’unico produttore al mondo del formaggio Montébore, presidio Slow Food.
Viene prodotto, secondo la sua millenaria tradizione, con latte crudo, cioè scaldato sino ad una temperatura di circa 36° composto per un 75% di latte bovino di mucche Brune Alpine, Tortonesi, Genovesi e Cabannina e 30% di latte ovino, al quale viene aggiunto caglio naturale; dopo un riposo di un’ora avviene la rottura della cagliata dalla quale si ottengono grumi grossi come noci che vengono lasciati riposare per circa 30 minuti.
La seconda rottura, porta la cagliata a grumi della dimensione di una nocciola; la pasta viene quindi messa a scolare nei “ferslin”, formelle tipiche a forma di cilindro, di diametro decrescente.
Prima di procedere alla salatura manuale con sale marino, le forme vengono girate più volte, poi sistemate ad asciugare in un luogo fresco ed asciutto per una decina d’ore, quindi le formelle vengono sovrapposte formando il “castellino”, la forma caratteristica a tronco di cono, che ricorda il castello diroccato di Montébore, una frazione del comune di Dernice.
Questo formaggio si presenta con una pasta leggermente occhiata di colore bianco con crosta ruvida di colore giallo paglierino e viene consumato fresco, quando ha appena una ventina di giorni di stagionatura, con un sapore dolce, delicato, e una consistenza morbida e pastosa.
Dopo poco meno di due mesi di stagionatura il Montébore viene considerato di media stagionatura, mentre dopo quattro o cinque mesi è molto stagionato, per diventare piccante dopo i sei mesi, adatto per essere grattugiato.
In cucina, quello fresco si accompagna al miele, alle marmellate all’arancia, alla “cugnà”, la marmellata piemontese a base di mosto d’uva, alle noci ed ai fichi; quello stagionato entra nel ripieno di molte paste oppure viene usato per condire gnocchi o risotti, ma anche molti secondi, come il tipico “capunet” e gli sformati di verdure.
A fine agosto, in paese, si organizza da qualche anno anche una frequentatissima sagra dove questo straordinario formaggio può essere degustato o acquistato nelle sue varie fasi di stagionatura.