Lo Sciachetrà è un vino dolce che si produce sulle colline scoscese delle Cinque Terre, degradanti a terrazzamenti verso il mare, particolarmente difficili da lavorare, ma così assolate da permettere coltivazioni altrove impossibili.
La storia di questo vino è molto antica, così come le origini del suo nome, che localmente viene chiamato dialettalmente “refursà”, rinforzato, e “vin dùse”, letteralmente vino dolce.
Il termine “Sciachetrà”, con cui viene commercializzato e ormai ovunque conosciuto, sembra essere recente, di fine ottocento, quando il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, nelle sue memorie su Riomaggiore, scrive che “in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras”.
Sciachetrà, un passito d’autore
Lo Sciachetrà, che ha ampiamente superato i trent’anni della propria Doc, è un vino passito, ottenuto con il 60% di uve Bosco completate da Vermentino e Albarola per un massimo del 40%, i cui grappoli sono messi ad appassire su graticci o appesi al soffitto in locali freschi e ben aerati, per un tempo che cambia ogni anno a seconda dell’integrità degli acini.
Infatti a causa delle frequenti mareggiate o dell’eccessiva umidità autunnale si formano muffe non nobili che danneggiano gli acini.
L’appassimento deve assicurare un vino con gradazione alcolica complessiva di almeno 17 gradi, dei quali 13,5 svolti, da porre in commercio soltanto dopo il primo novembre dell’anno successivo alla vendemmia particolarmente adatto ad accompagnare formaggi e dolci.
Il sapore dello Sciachetrà, che è anche diventato un Presidio Slow Food, cambia a seconda delle tipologie, variando da dolce a quasi secco, mentre l’aroma tipico del vino è un intenso profumo di albicocca; se ne produce anche una versione liquorosa ottenibile con l’aggiunta di alcool ai mosti o ai vini.