Nelle Prealpi vicentine, pochi chilometri sopra Tonezza del Cimone, sul lato destro della strada che sale verso il Forte Campomolon, uno dei residui bellici della Grande Guerra, c’è il Rifugio Melegnon, una piccola struttura a 1600 metri slm raggiungibile facilmente con le auto in ogni stagione, dove i cani sono ben accetti e che invita alla sosta.
Il territorio che lo circonda è di straordinaria bellezza; il panorama sui dolci monti di Folgaria e Lavarone, Passo Coe e del più distante Altopiano di Asiago è rilassante.
Sui pendii ci sono alcune malghe isolate dove in estate è possibile trovare ottimi formaggi d’alpeggio; i boschi danno protezione a molte specie di animali tra cui ungulati, cinghiali e qualche lupo; il cielo, dove di notte le stelle sembrano perle su un tappeto nero, è il regno di varie specie di rapaci.
Lo spettacolo sui crinali oltre il fondovalle è bellissimo, soprattutto in notturna, quando i paesi sono illuminati, come fosse un presepe.
Rifugio Melegnon, gli esperti rifugisti
La gestione della struttura ricettiva è affidata da un paio d’anni a due esperti “rifugisti”, Cristina Stucchi e Marco Nofri, straordinari ed ecclettici personaggi che, dopo una vita trascorsa tra la “civiltà” e le montagne, hanno scelto di venire a vivere e lavorare su questi monti.
Cristina, origini lombarde, in “un’altra vita” ha effettuato diverse arrampicate sui picchi delle Alpi; si è trovata in cordata con miti dell’alpinismo francese e italiano, tra i quali Riccardo Cassin sulle Grigne, sopra Lecco; di quest’ultimo ha conservato, oltre ad un ricordo indelebile, anche uno dei chiodi che il grande scalatore si forgiava da solo, appeso al muro del Rifugio, accanto a tanti altri cimeli alpinistrici.
Fin da giovanissima, contagiata dalla grandezza della montagna e dalla bellezza della natura, Cristina si è cimentata in numerose attività sportive ad alti livelli: dallo sci agonistico di fondo al trekking, dall’arrampicata all’alpinismo; ha scalato diverse montagne, tra cui il Pizzo Badile, il Monte Bianco ed il Rosa ed aperto alcune vie alpine, contribuendo, con le sue imprese, all’emancipazione femminile su un “terreno” fino ad allora prevalentemente maschile.
Alla fine degli anni ’80 la montagna ha avuto per Cristina un richiamo tanto forte da portarla, a soli venticinque anni, prima a gestire assieme ad un socio un rifugio sulle Dolomiti, sopra Passo Pordoi, poi il Rifugio Torino Vecchio, a Courmayeur, a 3380 metri slm.
Non solo montagne comunque per Cristina; la vita della “rifugista” le ha permesso di dedicarsi anche allo studio; per diversi anni, dopo la laurea in Scienze Politiche con specializzazione in Statistica e Informatica, ha lavorato in Italia, Francia e Svizzera per grandi aziende del settore informatico, anche se, tra una riunione ed un breefing non mancava di trovare il tempo per una scalata o un’impegnativa escursione.
La conoscenza con colui che poi ne diverrà il compagno di vita, assieme al sempre più fortissimo richiamo della montagna, la riportano in Italia; i due mettono su casa assieme e prendono in gestione un Rifugio in quota nella Val di Sole per poi approdare, dopo le cime dolomitiche, sulle “montagne senza punta” dell’Appennino Tosco-Romagnolo dove per sette anni hanno gestito il rifugio del CAI all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Marco Nofri, toscano di Sansepolcro, laureato in Storia dell’Arte, esperto ed istruttore di speleologia, alpinista amatoriale e membro del soccorso alpino, è una figura di riferimento del Rifugio, sempre pronto a raccontare storie ed aneddoti apprezzate dai clienti, sempre più amici della coppia.
Dotato di una vasta cultura poliedrica, magro come un chiodo da alpinista, Marco ha anche saputo trasformare uno dei suoi hobby in lavoro; è infatti il mago della cucina del Rifugio, procurandosi la materia prima nei paesi vicini, nei negozi ed aziende agricole che ha personalmente selezionato.
Una cucina semplice e genuina
Marco propone ai suoi ospiti una cucina semplice e genuina, utilizzando prevalentemente i prodotti del territorio, come ha fatto sempre ovunque sia stato, frutto degli insegnamenti materni e dei corsi di gastronomia organizzati dall’Associazione Rifugisti Trentini tenuti dallo chef Rinaldo Dal Sasso, che ha frequentato con passione anni addietro.
Oltre ad antipasti di ottimi salumi e formaggi del territorio, accompagnati da un calice di ottimo Prosecco come aperitivo, tra i primi troviamo gnocchi di patate al “blu di Posina” un formaggio erborinato locale, oppure un minestrone di verdure o una pasta e fagioli, i canederli in brodo o burro e salvia, delle ottime tagliatelle condite con speck e funghi porcini, ma anche la classica ribollita toscana dei suoi trascorsi giovanili.
Per secondo Marco, che in cucina si avvale dell’aiuto dell’esperto Federico, altro giramondo appassionato di cucina, propone spesso lo spezzatino con cipolle e polenta, il brasato oppure l’abbondante grigliata mista con salsiccia, costine, pancetta e due o tre tagli di tenerissima carne, il cotechino con le lenticchie, ma anche selvaggina come il cinghiale, il cervo o il capriolo con i funghi, soprattutto porcini, delle montagne vicentine; tra contorni, oltre alle classiche patate al forno, vanno assolutamente assaggiati i crauti allo speck con noci e pinoli.
ll Chianti che si fa inviare dalla Toscana, così come il Cabernet Sauvignon veneto che accompagnano il pranzo, sono di buon livello; lo strudel classico, il Linzen, una crostata friabile con marmellata di ribes e mandorle, la torta di pere e cioccolato, la Sacher Torte e, quando c’è, il “gelato” del Rifugio completano un pranzo gustoso e decisamente “calorico”.
In ricordo dei trascorsi alpini, può capitare di trovare nel menù anche un piatto di Pizzoccheri valtellinesi o di polenta taragna, soprattutto quando amici di quelle vallate li vengono a trovare portando loro i prodotti tipici necessari per quella gustosa cucina.
Il Rifugio Melegnon con le sue quattro o cinque camere, una cinquantina di posti al ristorante è una meta per appassionati di buona cucina e un punto di riferimento per i tanti ciclisti, motociclisti ed escursionisti che passano per i sentieri della zona, in visita ai Musei allestiti nei vari forti e nelle trincee della Grande Guerra.
Il vero “bombardino” per digerire la cena
Essendo un locale aperto tutto l’anno, non è infrequente che qualche sera capiti al Melegnon qualcuno del vicino paese per fare due chiacchiere e bere un “bombardino”, una bevanda leggermente alcolica che Cristina prepara col metodo classico, Vov, grappa al miele, panna e cannella al posto della polvere di cacao.
Il passa parola ed i social network sono gli strumenti più efficaci che vengono utilizzati per promuovere il Rifugio Melegnon e Cristina e Marco si stanno dando da fare per ampliare e migliorare l’offerta turistica del locale, in primo luogo con un collegamento Internet disponibile anche per la clientela, come nella maggior parte dei rifugi alpini.
La coppia, con la loro cucina dagli evidenti influssi toscani, veneti, piemontesi, romagnoli, lombardi e trentini – praticamente l’intero arco alpino o quasi – i luoghi dove hanno lavorato con passione, assieme ad un sorriso ed una battuta per tutti, stanno rilanciando al meglio la struttura turistica, anche con l’organizzazione di qualche iniziativa, come le ciaspolate invernali diurne e notturne, le feste di Natale e di Capodanno, o la bellissima festa degli aquiloni che ne ha colorato il cielo richiamando moltissima gente. Le idee, al Melegnon, non mancano di certo.