La Cantina L’Autin, piemontese di Barge, in provincia di Cuneo, festeggia 10 anni di attività con le bottiglie di Spumante Metodo Classico affinate in miniera.
“Alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione”. È una frase di Jules Verne, l’autore de “Il viaggio al centro della Terra”, romanzo di fantascienza che ti trasporta nella fantasia e nell’avventura.
Quello che sto per fare non è il viaggio al centro della Terra, il viaggio della vita, pieno di incognite, di paure, di vittorie o di sconfitte, ma è un viaggio di piacere, di soddisfazione per il palato, che metterà in grande movimento i 5 sensi.
Il mio destino è fatto da una degustazione, buio e luce, silenzi e rumori, profumi di bollicine, minerali e pietre. Sì, un po’ di avventura c’è, ma leggera, c’è soprattutto la scoperta di una miniera dove riposa uno Spumante Metodo Classico 84 mesi.
Sto parlando della Cantina “L’Autin” di Barge, nata nel 2010, quasi per scommessa, e del suo “Eli Brut 84 mesi”.
L’occasione è la festa per il decennale della cantina, (in realtà nel 2020, rimandata per Covid [n.d.r.]).
Quindi Dieci più Uno…!
È riservata alla stampa di settore e prevede un pranzo in Val Germanasca (Torino) e la scoperta delle miniere dismesse, “Paola” e “Gianna”, a Prali, dove vengono affinati gli spumanti. Siamo nel cuore della Valle dove una volta si estraeva il “bianco delle Alpi”, il talco più pregiato d’Italia. Nelle gallerie scavate dall’uomo si percepisce la fatica cui sono state sottoposte per oltre 150 anni diverse generazioni di minatori.
A mille metri di profondità, nelle gallerie dove la temperatura è costante a 10 gradi e l’umidità è al 90%, le bottiglie di Spumante Metodo Classico Eli, (dal nome della figlia Elisa), trascorrono il loro periodo di affinamento sui lieviti. Assenza di luce, umidità e temperatura costanti sono fondamentali affinché la presa di spuma, fase molto importante del processo di spumantizzazione, avvenga in modo ottimale.
Intorno è silenzio e buio: il vino riposa circondato dal talco purissimo. Per sviluppare il proprio carattere, profumi, finezza olfattiva, eleganza di corpo, le bottiglie si lasciamo riposare in miniera almeno 36 mesi, nel cuore della montagna, a temperatura costante e al buio.
Si pranza a “La Foresteria” di Massello, a 1300 circa di altezza, tra boschi e sentieri di montagna; qui siamo sulle Strade dei Valdesi. I piatti sono preparati, per l’occasione, dallo chef pluristellato Walter Eynard, un mito. Protagonisti gli Spumanti de “L’Autin”, Eli Riserva 84 Mesi, Eli Brut Rosè, Eli Pas Dosè, in abbinamento ai piatti.
Si apre con il “Filetto di trota al timo serpillo, patata di montagna schiacciata” e l’accompagnamento di Eli Pas Dosè. Un Metodo Classico che nasce dalle uve più spumantizzate al mondo, Chardonnay e Pinot nero, con l’aggiunta di un 10% di Bien Ver, vitigno autoctono. Affinato almeno 36 mesi sui lieviti nelle miniere di talco della Val Germanasca, conferisce freschezza, finezza e buona acidità al palato.
Il secondo piatto “Petto di fagianella in salsa di Eli Brut Rosè, riso alla zucca” è servito degustando Eli Brut Rosè. Uno Spumante a bacca rossa che nasce dal Pinot nero, re dei vitigni francesi, che ha assimilato in toto il carattere e l’identità del terroir di montagna nel quale viene prodotto. Un rosato tenue con riflessi aranciati che conquista il naso con un’intensità di frutto, elegante, in cui emergono la rosa canina e il ribes. In bocca è secco, con una piacevole freschezza che abbraccia il palato con persistenza e struttura. Perlage fine e persistente, bene si accosta al piatto in degustazione.
Prima del dessert, ecco lo “Storione al ristretto di finferli”. Viene abbinato ad uno straordinario Eli Riserva 84 Mesi, un Metodo Classico di grande classe, alquanto raffinato, lasciato a riposare nel cuore della montagna proprio per farne esaltare le caratteristiche organolettiche e donare potenza al sorso. L’affinamento è di 84 mesi sui lieviti nelle miniere di talco. Il gusto è ampio, elegante, intenso, persistente, con una sensazione cremosa derivante dalla spuma. I vitigni sono Chardonnay, Pinot nero e Bien Ver.
Chiude una “Mousse di fichi e pere caramellate su spuma di ricotta di pecora”. È una delizia per il palato. L’accostamento è sensazionale. Viene servita con Passi di Gio, un Passito che narra una storia di famiglia in quanto dedicato a chi oggi non c’è più, a Pier Giorgio Gasca, che assieme al cugino Mauro Camusso, titolare dell’azienda, aveva sognato le bollicine sin dal 2010, quando le scommesse di entrambi diventarono attività.
Un passito d’alta quota: prodotto da Malvasia moscata, vitigno autoctono, è incredibile per sensazioni uniche nate da un’uva rara, quasi scomparsa, esaltata dal calore dell’appassimento, dove meno te l’aspetti. Al naso si rivela intenso e penetrante con note rilevanti di albicocca ed agrumi. Al gusto rimane pieno, caldo, dolce, ma mai stucchevole, equilibrato. L’affinamento è di circa un anno in piccole botti di rovere; così come la fermentazione. Un terzo del vino fermenta e riposa per un anno all’interno di una botte realizzata in pietra di Luserna.
Auguri per un bel futuro a questa cantina, che ha fatto del biologico il suo cavallo di battaglia. E un “in bocca al lupo” ad Elisa Camusso, figlia d’arte, la nuova generazione alla guida dell’azienda. Ingegnere ambientale, imprenditrice giovane e appassionata, crede nel recupero dei vitigni autoctoni e nel rispetto della tradizione, rispettando i principi della sostenibilità in vigna e in cantina, attenta alla sperimentazione dei vitigni internazionali nel terroir pinerolese, sotto lo sguardo dominante del Monviso.